La missione 1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si pone l’obiettivo di promuovere e sostenere la transizione digitale, favorendo l’innovazione in chiave digitale e la sua diffusione all’interno del tessuto di imprese italiano. Migliorare l’efficienza dei processi e la competitività delle imprese italiane è tra le ragioni principali per spingere verso una digitalizzazione diffusa.
Transizione digitale: come va l’Europa
Secondo il rapporto Digitalisation in Europe (2024 Edition) di Eurostat, nel 2023, il 59% di tutte le imprese dell’UE ha raggiunto un livello base di intensità digitale. Per le PMI si è trattato del 58%, circa 30 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo dell’UE per il 2030, mentre per le grandi imprese si è attestata al 91%. Esempi virtuosi sono la Finlandia, la Svezia e i Paesi Bassi, che si attestano sulla soglia dell’80% delle PMI con livello base e almeno il 10%, per Finlandia e Paesi Bassi, con livello molto alto.
L’Italia delle PMI si colloca poco sopra la media degli stati membri con circa il 60% delle imprese ad aver raggiunto il livello base (il totale delle aree “Low”, “High” e “Very high”). Tuttavia, sul fronte delle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, solo il 5% delle imprese italiane ne fa uso, a fronte dell’8% della media europea e del 15% di Danimarca e Finlandia.
Fonte: Eurostat
Gli incentivi e gli ostacoli per la transizione
Tra gli strumenti attualmente attivi messi a disposizione per una transizione digitale vi sono gli incentivi che riconoscono un credito di imposta per nuovi investimenti in territorio italiano.
In particolare, Transizione 4.0 è il piano che mette a disposizione 13,4 miliardi di euro con l’obiettivo di promuovere la trasformazione digitale delle imprese italiane, incentivandone gli investimenti volti a digitalizzare i processi aziendali.
Parallelamente si sta affermando Transizione 5.0, che si aggiunge, stanziando 12,7 miliardi di euro per il biennio 2024-25 con l’obiettivo di sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese.
Si inseriscono nel quadro degli incentivi anche diverse difficoltà, che ne riducono parzialmente l’efficienza e la buona riuscita. In particolare, l’indagine condotta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano riporta gli ostacoli principati ravvisati dalle imprese che decidono di investire in digitalizzazione. Secondo il 34% delle aziende intervistate, il problema più rilevante è rappresentato dalla mancanza di adeguate competenze digitali, mentre un buon 28% segnala l’eccesso di burocrazia e la poca chiarezza dei programmi di supporto alla digitalizzazione, che tendono a complicare l’accesso agli strumenti e alle risorse messe a disposizione per l’innovazione tecnologica.
L’analisi dell’impatto di Industria 4.0
Per apprezzare la rilevanza di tali incentivi, è sempre bene affidarsi ad analisi che ne valutino l’adesione da parte dei beneficiari e l’efficacia nel raggiungimento degli obiettivi preposti.
Così, l’analisi di Bratta et al. (2023) sfrutta l’introduzione del piano “industria 4.0” nella legge di bilancio 2017 per quantificarne l’effetto sugli investimenti privati in tecnologie advanced digital production (ADP). Sfruttando un campione ISTAT di 16.000 aziende, rappresentativo del complesso italiano di imprese con almeno 10 dipendenti, è stato analizzato il livello di maturità digitale pre investimenti. Tra i beneficiari della misura presenti nel campione, meno del 9% è stato assegnato alla fascia di maturità digitale “alta”, mentre più del 70% apparteneva alla fascia “bassa” o “nulla”. Così, gli autori riportano che la maggior parte delle imprese che hanno investito in tecnologie ADP incentivate nel 2017 non l’avevano mai fatto prima di quell’anno.
L’analisi dei benefici degli autori valuta non solo l’efficacia della misura nel promuovere la digitalizzazione delle imprese non digitalizzate, ma anche i benefici sul piano dell’occupazione.
L’impatto può essere studiato con l’uso di una “Difference in Difference” (DID), un metodo tipicamente econometrico usato al fine di confrontare i risultati tra il gruppo trattato (beneficiario dell’incentivo) e il gruppo di controllo (non beneficiario), prima e dopo l’introduzione del trattamento, in modo da identificare un effetto di tipo causale. Gli autori propongono quindi un’analisi delle assunzioni e dei licenziamenti delle imprese beneficiarie contro quelle non beneficiarie, prima e dopo l’introduzione del beneficio. I risultati nel gruppo trattato riportano un aumento dell’occupazione tra il 2016 e 2019 di circa l’11,3%, contro un 4,4% riportato dalle imprese nel gruppo di controllo. L’impatto della misura sull’occupazione risulta in un aumento significativo dell’occupazione del 7%.
Come sta andando Transizione 5.0
Il Sole 24 Ore definisce “mancato effetto sostituzione” quello che sta interessando i due programmi, Transizione 4.0 e Transizione 5.0. Sembra infatti che gli sconti fiscali richiesti nell’ambito di Transizione 4.0 nei primi nove mesi dell’anno si attestino a circa 6,5 miliardi di euro, che continuando con questo ritmo, potrebbero superare le stime del Mef di circa 3 miliardi. Parallelamente, Transizione 5.0 sembra faticare a entrare come sostituto nel comparto di incentivi con il contatore di crediti d’imposta del ministero arrivato solo a quota 99,3 milioni prenotati da parte di 324 imprese. I requisiti sono sicuramente più esigenti in termini di risparmio energetico: la nuova misura infatti riconosce il credito di imposta a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o di almeno il 5% del processo interessato dall’investimento.
L’Ufficio parlamentare di bilancio riconosce che i rallentamenti amministrativi riscontrati soprattutto nella definizione delle modalità di controllo potrebbero aver portato le imprese a “sospendere le loro decisioni di investimento in attesa dei chiarimenti da parte dell’Amministrazione”.
Così, l’incertezza e le procedure burocratiche gravose sono ancora una volta un’importante barriera agli investimenti delle imprese italiane. Di fatti, nonostante i benefici che gli investimenti in digitalizzazione possono portare, le barriere all’ingresso rimangono non indifferenti e i costi di adesione agli incentivi stessi restano alti.
Sulla base di molta confusione, sono state così pubblicate nuove FAQ per chiarire alcune procedure. Modifiche al Piano e semplificazioni sono comunque attese nelle prossime settimane, anche se tardano ad arrivare.
Autore Articolo: Livia Di Raimondo